In questi giorni l’ ISTAT ha rilasciato i dati relativi al mercato del lavoro e risulta che la disoccupazione generale è calata dall’ 11% al 10,7% mentre quella giovanile è calata al 32,2%. Secondo i dati è la percentuale più bassa da quando l’Italia è andata in crisi ovvero la più bassa dal 2012. Ma vedendo la realtà la situazione sembra ben diversa viste anche le recenti chiusure delle aziende Almaviva ed Embraco e gli esuberi dell’ ILVA e di Alitalia che hanno lasciato senza lavoro un migliaio di persone. Come mai l’ISTAT rileva dati che fanno pensare ad un miglioramento invece che ad un peggioramento della situazione lavorativa? La risposta è nei dati stessi visto che questi sono costruiti in modo da far calare in maniera semplice il tasso percentuale di disoccupazione.
Prima di tutto bisogna specificare che per l’ISTAT risultano occupati le persone dai 15 anni in su che nella settimana di riferimento, hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura, hanno svolto almeno un’ora di lavoro non retribuito nella ditta di un familiare nella quale collaborano abitualmente, sono assenti dal lavoro (ad esempio, per ferie o malattia). I dipendenti assenti dal lavoro sono considerati occupati se l’assenza non supera tre mesi, oppure se durante l’assenza continuano a percepire almeno il 50% della retribuzione. Gli indipendenti assenti dal lavoro, ad eccezione dei coadiuvanti familiari, sono considerati occupati se, durante il periodo di assenza, mantengono l’attività. I coadiuvanti familiari sono considerati occupati se l’assenza non supera tre mesi. Da come è evidente dalla stessa definizione è facile riuscire a far abbassare il tasso percentuale di disoccupazione visto che il numero delle ore lavorative richieste è estremamente ridotto (un’ ora nella settimana di rilevazione). Gran parte di questi nuovi contratti di lavoro, sono contratti di lavoro a termine (circa il 90%), e molti di questi lavoratori (circa il 12% dei dipendenti) riceve meno della paga base dei contratti collettivi, ovvero quasi 2 milioni di persone con stipendi al di sotto della soglia di povertà, facendo venir meno le ragioni del lavoro stesso per quelle persone e per il lavoro in generale. Inoltre a questi vanno aggiunti gli inattivi. Per inattivi si intendono le persone che non fanno parte delle forze di lavoro e cioè non lavorano e non sono in cerca di un’occupazione (disoccupati). I disoccupati non fanno parte della forza lavoro ma lo cercano. Nell’ ultimo periodo sono aumentati gli inattivi di circa 112 mila unità e quindi questi non vanno ad essere registrati come disoccupati facendo calare così la percentuale del tasso di disoccupazione. Il tasso di inattività è aumentato arrivando al 34,8% del potenziale lavorativo non utilizzato.
Da come è evidente il mercato del lavoro in Italia è ancora in forte difficoltà e dove c’è, in gran parte dei casi, non emancipa le persone dalla condizione di povertà e precarietà, e questo porta con se gravi problemi sociali. Ovviamente, come accade da sempre, a poche settimane dalle elezioni nazionali la televisione ed altri mezzi d’informazione, soprattutto quelli controllati direttamente o indirettamente dallo Stato e quindi dal Governo, presentano un quadro ottimistico della situazione tendendo ad enfatizzare i dati ma da come è evidente è pura propaganda visto che la realtà è ben diversa se si vanno ad esaminare dettagliatamente i dati rilevati.
Adriano Viscardi
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