Basta grandi opere inutili, è ora di ragionare seriamente sulla prevenzione e la messa in sicurezza del territorio. Così Legambiente all’indomani dell’alluvione che
ha nuovamente colpito Genova.
Gli investimenti previsti dalla Legge Obiettivo per l’area di Genova parlano solo di grandi infrastrutture:
tre miliardi per la Seconda autostrada di Genova “Gronda di ponente”, sei miliardi per il Terzo valico ferroviario, la linea ad alta velocità Milano-Genova in gestazione da oltre 20 anni. A cui
si possono aggiungere i 45 milioni di euro previsti per la realizzazione dello scolmatore del Fereggiano, destinato a convogliare le acque del torrente.
Per proteggere la popolazione, serve un programma di manutenzione del territorio e di prevenzione del rischio, che fornisca strumenti concreti e fondi per renderli operativi oltre ad
un’efficace azione di informazione e formazione dei cittadini sulla “convivenza con il rischio”, per sapere cosa fare in caso di fenomeni come questi.
“Occorre invertire la tendenza degli ultimi anni, in cui si è speso circa 800 mila euro al giorno per riparare i danni e meno di un terzo di questa cifra per prevenirli –
dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – Ma abbiamo una politica delle infrastrutture che continua a sostenere le grandi opere, e progetti che
continuano a rimanere solo sulla carta, a scapito della sicurezza delle persone e del contrasto del dissesto idrogeologico. Il ministro dell’Ambiente Galletti - prosegue
Cogliati Dezza - dichiara oggi che nello Sblocca Italia sono inserite norme che consentono di velocizzare le procedure amministrative sulle opere strategiche per la messa in
sicurezza del territorio e afferma la necessità che questi cantieri partano subito. Chiediamo però che a partire sia soprattutto una efficace politica ordinaria di mitigazione del rischio e che
si esca finalmente dalla logica dei commissari straordinari”.
L’articolo 7 del decreto Sblocca Italia affronta, infatti, il tema del rischio idrogeologico attraverso la realizzazione di interventi puntuali, senza mettere in campo una strategia
generale di governo del territorio e dei fiumi e un’efficace politica di adattamento ai cambiamenti climatici, a partire dalle aree urbane che oggi sono le più colpite.
A Genova un abitante su sei vive o lavora in zone alluvionabili e, di fatto, la popolazione convive con il rischio idrogeologico in una città insicura e pericolosa.
“Una politica di adattamento e di mitigazione ai cambiamenti climatici significa intervenire sulla manutenzione e riqualificazione dei corsi d’acqua, sui sistemi di drenaggio delle
acque meteoriche, aumentando la capacità di esondazione dei corsi d’acqua e di permeabilità dei suoli urbani o delocalizzare quelle strutture che oggi causano le condizioni di rischio –
dichiara Santo Grammatico, presidente di Legambiente Liguria - mettendo risorse su questo. I Comuni però stanno subendo una crisi finanziaria senza precedenti e la Regione ha
a disposizione pochi fondi. Così a Genova, ancora una volta l'acqua riprende gli spazi che le sono stati sottratti dell'asfalto e dal cemento”.
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Floretta Levens (giovedì, 02 febbraio 2017 13:36)
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