Fratture ed eventi patologici associati. Vi sono alcune condizioni ortopediche, come le fratture, che presentano delle analogie sintomatologiche, indipendentemente dalla sede che coinvolgono, per cui non vengono trattate per regioni. All’anamnesi, spesso, vi è il racconto dell’evento traumatico, vi è una zoppia di quarto grado, cioè il soggetto non carica l’arto. Le fratture, di per sé, raramente costituiscono un’emergenza perciò, anche se si individua rapidamente la lesione o l’arto fratturato, in fase acuta non va omesso l’esame clinico generale, perché la frattura potrebbe mascherare una condizione ben più grave relativamente alla vita del paziente. Si sa, infatti, che spesso le fratture di omero sono accompagnate da fratture costali, da pneumotorace, da trauma toracico, da emotorace. Quindi, la frattura di omero di per sé non è un’emergenza, ma l’emergenza è costituita da tutto ciò che, contestualmente alla frattura, si realizza. Alle fratture pelviche possono associarsi la rottura della vescica, la rottura dell’uretra, che vanno quindi escluse, con opportuni esami, prima di trattare la frattura. A tal proposito va ricordato che studi recenti hanno evidenziato che circa il 37% di cani con fratture coinvolgenti un osso risultavano affetti da trauma toracico. Un altro studio ha rilevato che nel 40% circa delle fratture pelviche era presente un coinvolgimento delle vie urinarie. L’ematoma di frattura non è un elemento secondario. In una frattura del femore, per la lacerazione di vasi coinvolti nel focolaio e dell’arteria nutritizia, si può avere una perdita di sangue significativa che può mettere a rischio l’emodinamica del paziente. Pertanto, se si individua un ematoma è di grosse dimensioni può essere di grande utilità la determinazione del valore ematocrito.
All’ispezione si può osservare:
1) arto sollevato, (zoppia di IV grado)
2) arto ciondolante, come per le fratture di tibia. L’arto risulta ciondolante per quei segmenti anatomici che hanno una scarsa copertura di tessuti molli. Il femore, l’omero, sono più contenuti da muscoli e possono meglio resistere alle sollecitazioni del movimento.
3) Tumefazione della regione coinvolta: può essere dovuta all’ematoma o alla sovrapposizione dei monconi (dislocazione “ad latus”)
4) Accorciamento del segmento anatomico coinvolto rispetto al controlaterale, perché, nella maggior parte dei casi, alla frattura fa seguito la dislocazione “ad latus”, la muscolatura circostante, contraendosi, produce una dislocazione nel senso descritto;
5) Deformazione angolare.
6) Ematomi superficiali dovuti ad impatto diretto; oltre all’ematoma da frattura che si realizza sul focolaio per lacerazione dell’arteria nutritizia, dei vasi periostali etc., si può avere un ematoma per traumi a carico di vasi superficiali. L’ematoma superficiale non deve essere confuso con l’ecchimosi secondaria, che consiste in un affioramento in superficie del sangue stravasato a livello del focolaio di frattura che, attraverso gli spazi perimisiali, raggiunge il sottocute ed assume la colorazione dell’emoglobina e dei suoi cataboliti. L’ecchimosi secondaria si presenta a margini sfumati e compare dopo 24-48h dall’evento traumatico, relativamente alla profondità dell’ematoma da frattura. Nel cane si hanno ridotte possibilità di individuare modificazioni cromatiche cutanee sia per la pigmentazione che per la presenza di peli. Risulta però importante la conoscenza di tali eventi per poter datare, quando possibile, con maggiore precisione un trauma ad anamnesi muta o vaga. L’ematoma primario nella regione d’impatto è caratterizzato da una tumefazione che non è presente nell’ecchimosi, in quest’ultima si individua solo la tipica colorazione dovuta al sangue proveniente dalla profondità che infiltra i tessuti. L’ecchimosi, per gravità, tende ad affiorare più in basso rispetto al focolaio di frattura.
7) Ferite cutanee causate dall’agente traumatizzante che produce la frattura stessa, oppure da un urto contro un corpo tagliente o, ancora, dovute a schegge, monconi d’osso fratturato, possono costituire la via attraverso la quale l’osso viene in contatto con il mondo esterno (frattura esposta).
Palpazione del focolaio di frattura
Si può determinare dolore alle manovre passive. La palpazione può evidenziare rumori palpabili (scroscio o crepitio) e movimenti abnormi associati a dolore e, nella maggior parte dei casi il soggetto reagirà tendendo a sottrarsi a tali manovre. Questo ultimo dato ha molta importanza, perché, l’assenza di dolore a fronte di movimenti abnormi, in un paziente in cui l’anamnesi non è molto chiara, è probabilmente ascrivibile non ad una frattura recente, ma a pseudoartrosi. Trattazione a parte meritano le fratture incomplete per le loro peculiarita semiologiche. Sono fratture, infatti per le quali non è possibile osservate l’accorciamento dell’arto e la tumefazione, quando presente, non è di dimensioni rilevanti (solitamente ematoma sottoperiostale). Queste fratture sono frequenti nei soggetti giovani. Il dolore è intenso, per cui l’arto è sottratto al carico (zoppia di IV grado).
Lussazioni
I segni clinici delle lussazioni possono mimare quelli delle fratture. Anche durante un esame fisico può essere difficile distinguere tra frattura e lussazione, infatti, il dolore alla palpazione, la deformità, l’instabilità dei segmenti interessati e lo scroscio possono essere molto simili. Solo alcuni atteggiamenti caratteristici assunti dall’animale con lussazione di gomito e/o d’anca possono aiutarci nella diagnosi, poiché, la rigidità con la quale l’arto affetto è portato può mascherare la diagnosi di lussazione. Molte fratture iuxta-articolari o intra-articolari possono simulare una lussazione e viceversa. Talvolta possono addirittura coesistere frattura e lussazione. Per la corretta valutazione di una lussazione è perciò importante ricorrere ad ausili diagnostici come l’esame radiologico, che deve essere eseguito sempre in doppia proiezione per evitare che possano sfuggire lussazioni laterali. Zoppie sostenute da affezioni neurologiche. Le affezioni che più frequentemente causano zoppia nei piccoli animali, oltre a quelle ortopediche, sono i disturbi neurologici. In particolare, vanno considerate nell’ambito della diagnosi differenziale le miopatie, le patologie dei nervi periferici, alcune patologie spinali. Particolare importanza deve quindi essere posta alla diagnostica differenziale tra affezioni ortopediche e neurologiche in quanto suscettibili di in approccio clinico-terapeutico, a volte, completamente diverso. Alcune affezioni neurologiche sono caratterizzate dall’aspetto clinico difficilmente distinguibile da lesioni di origine ortopediche ma, la risposta a determinati test può avere una funzione dirimente per la diagnosi differenziale. In particolare la risposta a test del posizionamento propriocettivo, alle reazioni posturali ed all’esame dei riflessi, in corso di lesioni neurologiche, è alterata. Purtroppo, non sempre, al cospetto di manifestazioni cliniche caratterizzate da intenso dolore è possibile l’esecuzione di prove tese a valutare le reazioni posturali. Comunque, compatibilmente con le condizioni del paziente, in caso di dubbio, non andrebbe omesso il test di posizionamento propriocettivo che risulta poco invasivo e di grande attendibilità diagnostica nella differenziazione tra paraparesi e riluttanza o incapacità di deambulazione per condizioni ortopediche. Altri test rilevanti da impiegare, per la diagnosi differenziale, sono quelli della valutazione della sensibilità. Molte affezioni neurologiche spinali sono contraddistinte da modificazioni della sensibilità, in quanto caratterizzate da iperestesia locale (sede del processo patologico - muscolatura paraspinale) o riferita (solitamente ad un arto), ipoestesia, parestesia, anestesia. Un incremento della sensibilità è riscontrabile anche in corso di affezioni ortopediche mentre la riduzione della sensibilità e l’anestesia è caratteristica abbastanza esclusiva delle lesioni neurologiche. L’esame per l’individuazione di aree di ipersensibilità si esegue palpando accuratamente i processi spinosi e la muscolatura paraspinale per il tratto toracico e lombare, i processi traversi delle vertebre cervicali per il tratto omonimo (parte ventro-laterale del collo) e, infine, la parte dorsale della giunzione lombosacrale. Queste manovre eseguite costantemente durante l’esame ortopedico, possono rilevare una positività alla risposta in casi di affezioni spinali o midollari con coinvolgimento delle radici nervose quali: discopatie, neoplasie spinali, instabilità lombosacrale, spondilomielopatia cervicale posteriore. Talvolta, in corso di discopatie o di affezioni lombosacrali, la sintomatologia clinica può essere caratterizzata da zoppia ad un arto anteriore, se interessato il tratto cervicale oppure, di un arto posteriore se interessato il tratto lombosacrale. La sintomatologia è sostenuta dal dolore riferito all’arto interessato. Soprattutto per lesioni cervicali, quando il segno clinico principale è rappresentato dalla zoppia di un arto anteriore, un reperto anamnestico abbastanza costante è la saltuaria manifestazione di dolore spontaneo (esibito mediante vocalizzazioni improvvise), il collo risulta contratto e la testa è portata abbassata. La compressione di una radice nervosa si rende responsabile del c.d. “segno della radice” caratterizzato oltre che dal dolore locale e/o riferito, da movimenti di calpestio ripetuti e ridotto tempo di carico dell’arto coinvolto. Risulta ardua, talvolta, la differenziazione tra manifestazioni cliniche agli arti posteriori sostenute da sindrome della cauda equina ed artropatia degenerativa dell’anca. In entrambi i casi si può osservare riluttanza alla deambulazione, a saltare, difficoltà a salire le scale, zoppia. Una manovra indicata in questi casi quale la iperestensione dell’articolazione lombosacrale, mediante estensione della coscia, può determinare una risposta algica sia per lesioni all’anca che dell’articolazione lombosacrale. In queste circostanze la manovra di iperestensione dell’articolazione lombosacrale va eseguita con l’anca in flessione onde evitare interferenze nella risposta. Inoltre, può essere d’aiuto la palpazione della parte ventrale dell’articolazione lombosacrale mediante esplorazione rettale. Altro elemento semiologico probante per la differenziazione è la valutazione del range si flessoestensione dell’articolazione coxofemorale che, in corso di artropatia degenerativa, risulta ridotto. In determinate circostanze la sindrome neurologica da discopatia toracolombare può risultare all’esame clinico non facilmente differenziabile dall’artropatia bilaterale delle ginocchia, ed in particolare da rottura bilaterale del legamento crociato craniale. In queste circostanze può essere determinante l’esecuzione del test del cassetto oltre che la valutazione della risposta del posizionamento propriocettivo. Altri segni tipici delle lesioni neurologiche sono modificazioni del tono muscolare (muscoli scheletrici e sfinteri), atrofia. L’atrofia, quando sostenuta da lesioni del motoneurone inferiore (radice, nervo periferico, placca neuromuscolare), è rapida e molto intensa. Tra le affezioni dei nervi periferici che possono ingenerare il dubbio va considerata la paralisi del nervo radiale. In soggetti affetti da frattura recente di omero l’atteggiamento antalgico caratteristico consiste nel portare l’arto anteriore con l’articolazione del gomito estesa e quella del carpo flessa. Tale postura è sovrapponibile a quella assunta in caso di paralisi del nervo radiale. In queste circostanze la diagnosi differenziale può essere effettuata clinicamente, mediante la valutazione della sensibilità nelle regioni cutanee innervate dal radiale (faccia dorsale della mano e dell’avambraccio) e mediante esame elettromiografico. Non si deve sottovalutare che un certo grado di neuroprassia può coesistere in corso di paralisi del radiale a causa della contiguità anatomica. In determinate circostanze, quando l’esecuzione parziale di test per l’accertamento di affezioni neurologiche dovesse essere insufficiente e risolvere il dubbio tra affezione neurologica ed ortopedica, si esegue l’esame neurologico completo con relativi esami complementari (ematologici, radiologici).
Marco Auriemma
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