Sì sì, tienimi il posto. Tanto tra un quarto d’ora sto lì. Comincia così questa storia, con una frase un po’ azzardata e con la mia espressione interdetta nel momento in cui mi son reso conto che no, proprio non sarei riuscito ad arrivare in tempo. Ma tentar non nuoce, si è sempre detto. E così ecco che comincio a correre da una stanza all’altra mentre contemporaneamente preparo il mio inseparabile borsello e tento di ricordare quali telefonate devo necessariamente fare. Dieci minuti dopo sono in strada, diretto verso il borgo antico di Pollena, dove è in programma la seconda tappa del Pomigliano Jazz Festival 2013.
Sì, è lì che mi aspetta Giusi, che ha avuto anche la premura di occuparmi una sedia. Villa Cappelli non ha infiniti posti a sedere, ed essendo l’evento a ingresso libero, chi prima arriva…solo alloggia! O almeno così pare. Accelero un po’ superando tutte quelle auto lentissime che, guarda caso, sembrano circolare per strada esclusivamente quando tu hai fretta: dopo un po’ arrivo in vista della stradina che si inerpica dietro Piazza Amodio e conduce alla sede del concerto di musica jazz. Concerto al tramonto, eh, mica pizza e fichi! Come al solito sbaglio a non parcheggiare non appena scorgo un posto auto libero, sempre convinto che più avanti, più vicino, ci sia un parcheggio migliore. E così eccomi costretto a far di nuovo il giro del senso unico mentre guardo rassegnato l’orologio della mia vettura che impietosamente mi dice: sei in ritardo! Finalmente posteggio l’automobile e comincio a salire a piedi: sì, la strada è in salita, ma se non fosse per la fretta sarebbe una piacevole passeggiata. In parte la stessa che si percorre per visitare il Presepe Vivente di Pollena, ospitato nello stesso borgo. Varcato il cancello esterno della Villa rallento il mio passo: faccio un’ultima telefonata prima di dedicarmi esclusivamente al meritato riposo e a uno spettacolo che si preannuncia davvero gradevole: amo il jazz, anche se lo ascolto quasi esclusivamente a casa, dalle casse collegate al mio computer. Già nel veder da lontano il vialone alberato costeggiato da ceri accesi ho la conferma che lo sfondo che ospiterà le note jazz sarà suggestivo. Salgo qualche rampa di scale e sono immerso in uno splendido e ampio giardino. Automaticamente mi giro indietro, come a chiedermi dove sia finita la città, con gli impegni, le corse, i problemi che essa porta con sé. Sono bastati pochi passi, in fondo, per entrare in quella che sembra davvero un’isola di pace.
Fisso il giardino per qualche minuto: è delizioso. Del resto, ora ho più il controllo della situazione e mi rendo conto che i posti non sono ancora esauriti. Faccio qualche foto da condividere con gli amici e poi calmo mi dirigo verso la sala d’ingresso. Prima ancora degli stand dai produttori del territorio e prima ancora dei volti conosciuti, mi colpiscono i dipinti che impreziosiscono pareti e soffitto della stanza. Devono essere quelli di Andrea Vaccaro o di qualche altro artista della Scuola Napoletana che ha lavorato nella Villa risalente a metà del Settecento. Son belli sì. Indugio un attimo, poi esco sull’ampio terrazzo che ospiterà il concerto di Marco Zurzolo, Francesco Nastro e Antonio Onorato. Rintraccio Giusi e mi siedo accanto a lei, dopo le dovute presentazioni con gli altri. Rifletto sul fatto che da lì si può godere davvero di uno splendido panorama: dal mare ai monti, col Vesuvio alle spalle. Quando il marchese Domenico Cappelli acquistò la villa nel 1833 fece davvero un’ottima scelta. Ma non è ora il momento di pensare alla storia del mio paese : il concerto sta per iniziare. Faccio qualche foto prima che il sole tramonti, poi mi risiedo. È in questo momento che comincio ad avvertire il freddo: c’è davvero un bel venticello quassù. Del resto pare che la Villa fu costruita nel punto più alto del paese. Mi guardo intorno, tutti sono protetti da giacche o giubbotti. Osservo triste le mezze maniche della mia maglia e mi preparo a gelarmi. Un ottimo modo per cercare di alleviare il mal di gola che mi tormenta da stamattina, non è vero? Ma tant’è, chi sbaglia paga e…i brividi sono i suoi. Di lì a poco risuonano le prime note di pianoforte, sassofono e chitarra. Si liberano nell’aria, salgono al cielo macchiato da nuvole grigie, poi ricadono sul pubblico che è accorso numeroso all’appuntamento. Dietro i musicisti il sole si abbassa sempre più, fino a scomparire del tutto. Contemporaneamente, le prime luci si accendono un po’ in tutta l’ampia fetta di provincia napoletana visibile da quassù. La luna, dietro di noi, illumina l'elegante sagoma dell'architettura, proiettando un'ombra frastagliata sul vicino boschetto. I pezzi dei maestri agli strumenti rendono ancor più bello uno spettacolo di per sé fantastico. Io mi divido tra sguardi ammirati, ascolti estasiati, foto e brevi registrazioni. Scambio qualche chiacchiera con i vicini. Certo, ho davvero freddo e domani il mio mal di gola potrebbe diventare ben altro, ma adesso davvero non riesco a pensarci. Hic manebimus optime.
Carmine De Cicco
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